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Il prete: "da innocente affronto il mio calvario"


10-12-2007

«Vorrei solo essere trattato da persona umana che, ingiustamente, è finita in un tritacarne. Chiedo il rispetto umano che gli uomini debbono ad ogni vicenda umana dolorosa, perchè da sacerdote sono chiamato alla obbediente sopportazione di un calvario». Don Franco Russo è nella sua casa di via Nazionale a Padula dove in ordine ci sono libri di teologia, gli ultimi libri di Ratzinger, riviste pastorali di buon livello. Ma da pochi giorni gira e rigira tra le mani quel decreto di perquisizione che lo include tra gli indagati della nuova inchiesta sull’usura nella quale il nipote, Francesco, sarebbe il perno principale oltre che il proprietario della valigia sequestrata. Nella casa del prete, secondo l’ipotesi accusatoria, gli investigatori avrebbero dovuto trovare documentazione del giro di usura. Niente di più facile che indotti da un’accusa a buon mercato, del tenore «andate a casa dello zio prete e troverete i documenti...». Ma a casa di don Franco i carabinieri non avrebbero trovato che le bollette di luce, acqua e gas dell’appartamento che nella stessa palazzina occupa il nipote Franco quando torna da Perugia. «Il dubbio investigativo - dice l’avvocato Renivaldo La Greca - non si è consolidato con le perquisizioni effettuate. Noi speriamo nei tempi corti della giustizia con una definizione racvvicinata nel tempo della posizione del mio assistito». Don Franco Russo non è un sacerdote qualsiasi della diocesi di Teggiano. Per circa un decennio è stato segretario particolare di monsignor Bruno Schettino, oggi arcivescovo di Capua, rigoroso uomo di fede oltre che pastore attento. Quel cje è noto è che don Franco ha avuto da sempre buona fama di risparmiatore. «Lo conferno, perchè nella vita solitaria di un sacerdote c’è sempre un pò di pensiero agli ultimi anni. Ho sempre pensato: lascio qualcosa ai miei familiari che sono tutti lontani perchè negli ultimi giorni mi confortino con il minimo dell’assistenza...». Don Franco vive da solo nella casa di via Nazionale. La stessa dove («con garbo, debbo riconoscerlo» dice il prete) sono arrivati i carabinieri per trovare documentazione «nera», come recita il decreto di perquisizone, che sarebbe appartenuta al nipote. «Io non mi intendo di legge - dice il sacerdote - ma era davvero necessario che io venissi indagato per concorso in usura per chiedermi documentazione? Che tra l’altro non ho mai avuto?». Quel che gli investigatori intendono approfondire sono eventuali tracce sui conti bancari del sacerdote. C’è chi giura che li ha tenuti sempre e solo lui, quei conti. E, quindi, al riparo da eventuali scorrerie parentali. «I conti, le carte e che non sono riferibili ad alcun giro di usura - dice l’avvocato difensore - sono state verificate nel corso della perquisizione». Altro fatto è la perquisizione avvenuta nella casa del nipote Franco, la stessa palazzina dove abita il prete. I carabinieri, quella mattina, furono costretti a far venire l’indagato da Perugia per poter accedere all’abitazione. «Io conservo la mia dignità perchè sono consapevole della mia verità» dice ancora don Franco. Quaggiù non è come nelle grandi metropoli dove un fatto si perde nel tran-tran quotidiano. I riflettori non si spengono facilmente. E le luci, spesso, sono tanto potenti quando si tratta di illuminare chiacchiere quanto flebili e lontane quando si tratta di salvare livelli collettivi di etica sociale. ant.man.

tratto da: www.ilmattino.it



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